Capitolo secondo: Un nemico da battere

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Si dice che per battere il proprio nemico bisogna prima conoscerlo. Una volta conosciuto ho capito che non era lui l’avversario da sconfiggere.
Nella storia, la parola sviluppo è stata spesso sinonimo di ricerca ed innovazione, con un apice senza precedenti nel periodo in cui l’esponenziale crescita demografica ha dovuto fare i conti con la scarsità di risorse naturali. Una fase in cui, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, scienziati e ricercatori di tutto il mondo hanno iniziato una nuova corsa all’oro. Stavolta però si trattava di un oro più economico, ma così duraturo da essere quasi indistruttibile: la plastica.
I primi esperimenti che portarono alla creazione della plastica moderna vennero effettuati tramite l’utilizzo di materiali naturali dotati di proprietà plastiche intrinseche (come la gommalacca e la gomma da masticare). Successivamente i prodotti naturali vennero modificati chimicamente fino alla creazione della vasta gamma di composti completamente sintetici che conosciamo oggi.

  • Nel 1855, Alexander Parkes inventò la Parkesine, oggi nota con il nome di celluloide.
  • Il polivinilcloruro (PVC) fu polimerizzato per la prima volta tra il 1838 ed il 1872.
  • Il primo polimero sintetico fu inventato nel 1869 da John Wesley Hyatt, attraverso il trattamento della cellulosa (derivata dalla fibra di cotone) con la canfora. Hyatt era stato attratto dall’offerta di un compenso di $10,000 da parte di una società newyorkese per chiunque avesse fornito un sostituto dell’avorio. In quegli anni, la crescente popolarità del biliardo aveva infatti messo a dura prova la fornitura di avorio naturale, ottenuto attraverso il massacro di elefanti selvatici. Ironicamente, la pubblicità di questo nuovo polimero sintetico avrebbe lodato la celluloide come salvatrice di elefanti e tartarughe.
  • La svolta decisiva arrivò però nel 1907, quando il chimico Leo Baekeland, alla ricerca di un sostituto sintetico della gommalacca (un isolante elettrico naturale) creò la bachelite, la prima vera plastica sintetica prodotta in serie.
  • Fu durante la seconda guerra mondiale che l’industria delle materie plastiche vide però un’espansione senza precedenti, arrivando ad aumentare la produzione fino al 300%.

Da questo momento in poi, le principali aziende chimiche iniziarono ad investire in programmi di ricerca per creare nuove materie plastiche prima ancora di aver pensato all’uso da conferirgli.
Le possibilità della plastica sembravano equivalere ad abbondanti ricchezze materiali grazie all’idea che una sostanza così economica, sicura e sanitaria poteva essere modellata dall’uomo per ogni tipo di necessità.
Questo ottimismo incondizionato non durò però a lungo. I detriti di plastica negli oceani furono osservati per la prima volta negli anni ’60, un decennio in cui si cominciò a prendere maggiore consapevolezza dei problemi ambientali. La reputazione della plastica ebbe un ulteriore calo negli anni ’70 e ’80 trasformandosi da meraviglia della scienza a flagello ambientale.

È innegabile: la plastica ha reso il mondo moderno e sono moltissimi i settori che continuano a beneficiarne. Ma se da un materiale lodato per la sua resistenza ed indistruttibilità vengono creati prodotti pensati per un utilizzo di breve durata, è qui che un problema già grande diventa smisurato.
Basti pensare che metà di tutta la plastica prodotta nel mondo diventa spazzatura in meno di un anno. Non solo, ma la maggior parte delle materie plastiche non è biodegradabile ed in genere impiega più di 400 anni a degradarsi, scomponendosi in pezzi sempre più piccoli che diventano parte dell’ecosistema.
Noi, come complici più o meno consapevoli delle industrie produttrici, abbiamo il dovere di smuovere le coscienze, in primis la nostra.
Ed ecco spiegate le piccole-grandi lotte degli attivisti ambientali che cercano di sensibilizzare all’uso della plastica usa e getta: sacchetti, bicchieri, bottiglie, cannucce. Prodotti superflui, figli di un’era che ha fatto dell’estrema comodità il suo punto debole. Il nemico da battere, dunque, non è la plastica, ma le nostre abitudini.

Mentre l’industria della plastica ha pensato di proporre il riciclo come soluzione, il che assomiglia ad un modo estremamente intelligente per rassicurare i consumatori a non porsi nessun tipo di domanda, è un dato di fatto che la pratica del riciclaggio lungi dall’essere perfetta e la maggior parte delle materie plastiche finisce ancora nelle discariche o nell’ambiente.
Alcuni innovatori stanno sviluppando bioplastiche, prodotte da colture vegetali anziché da combustibili fossili, per creare sostanze più ecocompatibili di quelle convenzionali. Altri stanno lavorando per rendere le materie plastiche veramente biodegradabili, altri ancora sono alla ricerca di modi per rendere il riciclo più efficiente e sperano persino di perfezionare un processo che converta la plastica in combustibili fossili da cui sono derivati.

Tutti questi innovatori riconoscono che la plastica non è perfetta ma che è una parte importante e necessaria del nostro futuro. Noi ne siamo certi, e riteniamo al contempo che se ogni persona dedicasse attenzione al proprio impatto nel suo uso, l’ecosistema non potrebbe che beneficiarne.