Capitolo quarto: Scienza e fake news

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Ieri, martedì 11 febbraio 2020, si è tenuto a Roma, presso il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri, un seminario parte del ciclo di incontri denominati “I Martedì della Natura”. Ospite della giornata è stata la dottoressa Marina Baldi, ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto per la bio-economia e specializzata in dinamica atmosferica e climatologia. La dottoressa, proprio in occasione della Giornata mondiale delle ragazze e delle donne nella scienza, ha incentrato la sua presentazione sul tema maggiormente discusso in ambito scientifico in questi ultimi anni, quello del cambiamento climatico.

Dopo una breve introduzione sull’oggettivazione del fenomeno e sul diffuso problema della superficiale percezione delle notizie scientifiche da parte della comunità mondiale, si è analizzato un dato alquanto interessante, che vede il 52% dei cittadini europei considerare il cambiamento climatico il tema ambientale più importante per le future decisioni politiche dell’Unione.

La dottoressa Baldi ha iniziato il suo intervento partendo dalla nozione di riscaldamento globale, fenomeno appurato ed innegabile, che dipende dalle interazioni tra diversi elementi. Il clima infatti, come abbiamo visto in un precedente articolo, cambia per fattori naturali (come le variazioni nell’orbita terrestre, le variazioni nell’attività solare, le attività dei vulcani, gli impatti dei meteoriti sul suolo terrestre, le variazioni nella composizione dell’atmosfera) e non di meno a causa delle attività antropiche che producono l’emissione dei ben noti gas ad effetto serra.
Un punto fermo, ha sottolineato la Baldi, è che l’evidenza scientifica del cambiamento del clima è inequivocabile: gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi mai registrati e, durante l’anno appena passato, si sono verificate diverse anomalie nelle temperature registrate.
D’altro canto, più complesso e meno lineare è il fenomeno delle precipitazioni. Il quadro mostra infatti andamenti disomogenei: globalmente si registrano ancora entrambi gli estremi, gravi siccità e forti piovosità.
Gli eventi climatici estremi possono avere impatti molto gravi: nel 2018 se ne sono verificati alcuni che, senza il riscaldamento globale indotto dalle attività umane, non avrebbero potuto avere luogo (mareggiate, precipitazioni intense, ondate di calore). Si è menzionata, come esempio significativo, l’alluvione di Genova del novembre 2011, che in meno di due giorni ha prodotto piogge corrispondenti ad un terzo dell’apporto annuale della città.

Il focus dell’incontro si è poi spostato più specificatamente sulla regione mediterranea intesa nel suo complesso. Qui le temperature si innalzano più velocemente rispetto al resto del mondo (si è registrato un aumento di circa 1,4 gradi centigradi rispetto a prima dell’età industriale), mentre le precipitazioni si presentano più intense ma sempre concentrate.
La regione mediterranea è ricca di ecosistemi spesso vulnerabili, che certamente risentono degli aumenti di temperatura, coinvolgendo le risorse idriche, l’agricoltura, l’energia, la salute, le aree urbane, il turismo del territorio.
Nel futuro, oltre all’innalzamento del livello del mare, a precipitazioni sempre più intense, a probabili inondazioni, si prevede un continuo aumento di temperature (+2,2 gradi centigradi nel 2040, con alcuni paesi che sfioreranno i +4 gradi centigradi nel 2100). Si stima infine che in Europa le ondate di calore potranno causare circa 30,000 decessi in più a partire dal 2030.

Nel ricercare soluzioni a queste problematiche, le iniziative che possono apportare benefici sono molteplici. La dottoressa ha citato il miglioramento delle conoscenze e della prevenzione, il concentrarsi sull’informazione e la formazione, lavorare su politiche adeguate ed apportare anche qualche modificazione al nostro stile di vita e alle nostre abitudini.

In conclusione, la Baldi ha rimarcato l’importanza di una corretta informazione in ambito scientifico: comunicazione e percezione della scienza unite al coinvolgimento comunitario.
Si deve migliorare l’“alfabetizzazione climatica”, poiché il problema maggiormente diffuso è che gli individui tendono ad interpretare la realtà solo con ciò che da vicino li circonda. Bisogna imparare a distinguere le notizie false da quelle con fondamento scientifico, non dar credito a titoli di giornali fuorvianti. C’è necessità di una buona informazione, di giornalismo di qualità, non di notizie che forzatamente aspirano a diventare virali.

Il riscaldamento globale è una realtà. L’emergenza climatica esiste ed è importante conoscerla. Come è importante proseguire le ricerche e contribuire ad una corretta informazione. Come individui, dobbiamo comprendere che alcuni comportamenti ed atteggiamenti che oggi non sembrano fare la differenza, in un vicino futuro potrebbero contribuire ad un cambiamento significativo su ampia scala.