Capitolo dodicesimo: Mio il corpo, mia la scelta

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Articolo redatto in collaborazione con Alessia Moratto, esperta in advocacy e diritti umani

Ogni individuo, in qualsiasi parte del mondo, dovrebbe essere libero di prendere decisioni sul proprio corpo in maniera autonoma ed indipendente. Tra queste, anche il poter accedere ad un aborto sicuro, pura questione di diritti umani.

Sono molti gli elementi che storicamente hanno influito sui vari percorsi legislativi in merito all’interruzione volontaria di gravidanza, da quelli religiosi a quelli etici, passando per quelli di natura politica e pragmatica. È altresì noto che, ancora oggi, la libertà di autodeterminazione per le donne in gravidanza è seriamente ostacolata da leggi vincolanti e costumi radicati nelle diverse culture del mondo.

I numeri: aborti sicuri vs. aborti clandestini
Ogni anno, nel mondo, vengono praticati circa 56 milioni di aborti. Di questi, la metà sono eseguiti in maniera clandestina. Le leggi restrittive su questa pratica, infatti, non impediscono alle donne di attuarla, ma la rendono solo estremamente rischiosa.

Percentuale di aborti non sicuri nel mondo (2010-2014)

Africa centrale88%Africa occidentale 85%
America centrale 82%Africa orientale 76%
Caraibi / Sud America75%Nord Africa71%
Asia centromeridionale59%Asia occidentale49%
Media mondiale45%Sudest asiatico 40%
Oceania34%Sud Africa27%
Est Europa14%Asia orientale (Cina inclusa)11%
Sud Europa9%Europa occidentale7%
Nord Europa2%Nord America1%

Le barriere legislative
Oggi identifichiamo le principali barriere all’accesso ad un aborto sicuro in: leggi restrittive, costi medici elevati, stigma socio-culturale, limitato accesso al servizio, obiezioni di coscienza da parte dei medici o del personale sanitario, informazioni fuorvianti, autorizzazione di terzi e test non necessari dal punto di vista medico che ritardano l’assistenza. 

È stato inoltre calcolato il numero delle donne in età riproduttiva associato al grado di rigidità legislativa del proprio paese:
– 90 milioni di donne (5%) vivono in paesi dove l’aborto è vietato in ogni caso.
– 360 milioni di donne (22%) vivono in paesi dove l’aborto è concesso solo per salvare la vita della madre.
– 225 milioni di donne (14%) vivono in paesi dove l’aborto è concesso per motivi medici.
– 386 milioni di donne (23%) vivono in paesi dove l’aborto è concesso anche per motivi sociali ed economici.
– 601 milioni di donne  (36%) vivono in paesi dove l’aborto è concesso su richiesta della madre.

Nonostante le numerose restrizioni ancora in vigore in moltissimi stati del mondo, la situazione sta lentamente migliorando: tra il 2000 e il 2017, 28 paesi hanno cambiato le loro leggi sull’aborto e in tutti i casi tranne uno (Nicaragua) le nuove leggi hanno concesso più libertà rispetto alle precedenti.
Al contempo però alcuni paesi stanno rendendo oggettivamente più difficile la possibilità di abortire.

La situazione in giro per il mondo
Ecco una panoramica di alcune realtà europee e mondiali:
In Italia l’aborto è legale dal 1978, quando fu approvata la legge 194 che prevedeva l’abrogazione degli articoli del codice penale riguardanti i reati d’aborto.
In Italia è possibile interrompere la gravidanza entro 90 giorni dall’inizio della gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari; oppure tra il quarto e quinto mese solo per motivi di natura terapeutica.
Al contempo però, sono in aumento a livello nazionale i casi di medici obiettori di coscienza: secondo i dati del Ministero della Salute, la percentuale media di ginecologi obiettori in Italia è del 69% con picchi del 91% in alcune Regioni.

In Irlanda, nel 2018, in seguito al referendum per abrogare l’ottavo emendamento della Costituzione (incostituzionalità dell’aborto), il Parlamento ha legalizzato l’interruzione di gravidanza entro le 12 settimane e nel caso in cui la salute della madre sia a rischio. In precedenza, il Paese aveva una delle legislazioni più restrittive in materia, che rendeva, di fatto, la pratica illegale. 

In Polonia è stata introdotta di recente una nuova legge che limita il diritto all’aborto. Secondo questa disposizione l’interruzione della gravidanza è consentita solo in caso di stupro, incesto o pericolo di vita per la madre; non è permesso neanche in caso di malformazioni gravi e letali del feto o di problemi sanitari tali da implicare l’inevitabile morte post parto del neonato.
Questa legge ha scatenato una forte opposizione dell’opinione pubblica e numerose manifestazioni sono state indette dal movimento Strajk Kobiet. 
Una situazione simile si era verificata già nel 2016: alla proposta del governo di passare un disegno di legge per rimuovere tutte le eccezioni al divieto, 150.000 donne erano scese in piazza in uno sciopero nazionale, e la legislazione era stata respinta in modo schiacciante.

Lo Zambia è uno dei pochi paesi in Africa dove l’aborto è consentito per ragioni economiche e sociali, ma, nonostante l’esistenza di una legislazione favorevole, le barriere strutturali e culturali rendono difficile per le donne dello Zambia ottenere l’aborto. Il Paese conta meno di un medico praticante ogni 10.000 abitanti.

In Turchia l’aborto è legale fino alla decima settimana di gestazione, a patto di soddisfare uno dei seguenti casi: minaccia alla salute psico-fisica della donna, menomazione psico-fisica del feto, stupro o incesto, giustificati motivi di ordine economico-sociale. Nel caso di pericolo psico-fisico per la gestante l’interruzione può essere praticata anche oltre le dieci settimane.
Se la donna è minorenne, è necessario il consenso dei genitori mentre se la donna è sposata, è richiesto il consento del marito.

El Salvador è uno dei soli due paesi ad aver imposto nuove restrizioni all’aborto dopo l’affermazione della Dichiarazione del Cairo del 1994, che riconosceva la salute riproduttiva come fondamentale per lo sviluppo. Nonostante il codice penale vietasse già la procedura nella maggior parte dei casi, la legge sull’aborto è stata modificata per eliminare tutte le eccezioni, imponendo così un divieto totale. Le donne che abortiscono, e persino quelle che hanno un aborto spontaneo, possono rischiare fino a 30 anni di prigione. 
Sebbene una manciata di altri paesi abbia leggi sull’aborto ugualmente restrittive, El Salvador è unico nell’inflessibilità della sua applicazione: i medici, ad esempio, hanno l’obbligo di denunciare i sospetti aborti, e c’è persino una divisione speciale dell’ufficio del procuratore che ha il compito di indagare su queste pratiche.

L’Argentina è il primo grande Paese del Sud America a legalizzare nel dicembre 2020 l’interruzione di gravidanza volontaria. La norma precedente, in vigore dal 1921, considerava l’aborto un delitto, salvo in caso di violenza sessuale o di pericolo di vita per la gestante.
Il provvedimento approvato prevede che ogni gestante possa abortire entro le prime 14 settimane dopo aver sottoscritto il consenso. Esso indica anche dieci giorni di tempo tra la volontà esplicitamente espressa e l’intervento al fine di evitare ogni tipo di pressione e manovra che possa spingere la donna ad un ripensamento. 

Negli Stati Uniti l’aborto è legale dal 1973 quando la Corte suprema federale pronunciò la sentenza Roe v. Wade. Ciononostante in molti Stati vi sono molteplici ostacoli all’accesso ai servizi di aborto.
Ad inizio mese l’Arkansas ha varato la legge sull’aborto più severa negli Usa: essa vieta infatti l’interruzione di gravidanza in ogni caso con l’unica eccezione del “salvare la vita della donna”; non prevede l’aborto né per stupro né per incesto o in caso il feto sia affetto da malformazioni.
La stretta dovrebbe entrare in vigore in agosto, ma le attese azioni legali per bloccarla potrebbero far slittare i tempi. Poche settimane prima anche il South Carolina ha varato una legge simile, che vieta l’interruzione della gravidanza dopo sei settimane di gestazione. I medici che praticheranno l’aborto oltre questo periodo andranno incontro a pene fino a due anni di carcere.
In precedenza cinque stati – Georgia, Ohio, Kentucky, Mississippi e Louisiana – hanno approvato leggi che proibiscono l’aborto dopo sei settimane, un periodo in cui molte persone neanche scoprono di essere incinte.
Al contrario, la California è il primo Stato americano a rendere obbligatorio il servizio di aborto farmacologico nelle università dello Stato. Secondo la nuova legge, le studentesse di 11 campus della University of California e di 23 campus della California State University potranno usufruire del servizio in modo gratuito in caso di necessità.

Come sottolinea Amnesty International, l’accesso a servizi di aborto sicuro è un diritto umano. Le decisioni sul proprio corpo devono essere fatte dal singolo nel rispetto del diritto all’autonomia e all’integrità corporea. Costringere qualcuno a condurre una gravidanza indesiderata, o costringerlo a cercare un aborto non sicuro, è una violazione dei suoi diritti.

Fonti:
Amnesty International Italia, Aborto e diritti sessuali e riproduttivi
Center for Reproductive Rights, The World’s Abortion Laws
Oggi Scienza, I numeri dell’aborto, in Italia e nel mondo
Il Post, I posti dove l’aborto è ancora illegale
The Washington Post, The many countries where abortion is basically banned
World Health Organization, Preventing unsafe abortion
Council on Foreign Relations, Abortion Law: Global Comparisons